QUANDO GENERE, ETNIA E DISABILITA’ SONO UN OSTACOLO
Discriminazioni sul lavoro
Accesso
La parità nell’accesso al lavoro per le donne è regolamentata da una serie di normative sia nazionali che comunitarie. Una delle tappe principali del percorso legislativo contro la discriminazione è quella relativa al riconoscimento della parità di uomini e donne nell’accesso al lavoro. I datori di lavoro non possono discriminare tra gli uomini e le donne all’atto dell’assunzione, per esempio, attraverso offerte di lavoro indirizzate a candidati di un solo sesso, poiché tali decisioni sono contrarie alla legislazione comunitaria e nazionale. Vi è comunque un’ eccezione a questa norma antidiscriminatoria nel caso in cui il sesso dei lavoratori sia un fattore essenziale per un determinato tipo di lavoro.
Mobbing
Il termine mobbing deriva dall’inglese “to mob“, aggredire, e si riferisce alle forme di terrore psicologico e aggressioni verbali compiute sul luogo di lavoro. Il mobbing si manifesta in diversi modi, di cui i più comuni sono l’emarginazione, la diffusione di calunnie sul conto del “mobbizzato“, l’assegnazione di mansioni dequalificanti o umilianti, critiche continue, compromissione dell’immagine sociale nei confronti di colleghi, clienti e superiori, fino alla sistematica persecuzione. Nei casi più gravi si può arrivare anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali. Tra le forme più ricorrenti di persecuzione psicologica, vengono indicate come esempio:
- Calunniare o diffamare una lavoratrice o un lavoratore oppure la sua famiglia;
- Negare deliberatamente informazioni relative al lavoro oppure fornire informazioni non corrette a riguardo;
- Sabotare o impedire in maniera deliberata l’esecuzione del lavoro;
- Escludere in modo offensivo la lavoratrice e il lavoratore, oppure boicottarli o disprezzarli;
- Esercitare minacce, intimorire o avvilire la persona, come nel caso di molestie sessuali;
- Insultare, fare critiche esagerate o assumere atteggiamenti o reazioni ostili in modo deliberato;
- Controllare l’operato del lavoratore e della lavoratrice senza che lo sappia e con l’intento di danneggiarlo;
- Applicare sanzioni penali amministrative alla singola lavoratrice e al singolo lavoratore senza motivo apparente, senza dare spiegazioni, senza tentare di risolvere insieme a lui/lei i problemi.
Il mobbing viene compiuto da colleghi (mobbing orizzontale) o anche dal datore di lavoro (mobbing verticale, o bossing) per eliminare una figura scomoda dall’azienda, o costringerla al licenziamento. Esso può avere origine sia dall’inasprimento di un conflitto personale, sia dal fatto che la vittima si trovi casualmente coinvolta negli attacchi gratuiti del “mobber”.
A chi rivolgersi:
– UNAR fficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica www.unar.it TEL 800901010
– Consigliera di parità della Provincia di Lucca
– Delegate e delegati sindacali
Link utili
www.mobbing-prima.it
Organizzazione no profit nata nel 1996, per “prima”, appunto, ha parlato di mobbing in Italia www.mobbing-apem.it
Associazione no profit nata nel 2003 per la tutela della qualità della consulenza psicologica, giudiziaria e medica nell’ambito nell’ambito del mobbing
Molestie sessuali
Per molestia sessuale si intende ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi altro tipo di comportamento basato sul sesso che offenda la dignità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro, ivi inclusi atteggiamenti male accetti di tipo fisico, verbale o non verbale. Il codice di Condotta della Comunità Europea definisce così la molestia sessuale:
per comportamento sessuale o basato sul sesso non deve intendersi solo l’atto che coincide col tentativo di rapporto sessuale ma anche le esibizioni del proprio potere o le manifestazioni di ostilità.
La molestia infatti è strettamente collegata alla possibilità, reale o presunta, di avere potere di esercitarlo. Rientrano tra le manifestazioni fisiche: i toccamenti non giustificati, buffetti, carezze, pizzicotti, pacche, strofinamenti contro il corpo della dipendente o della collega, finti inciampi, fino agli atti violenti o di vera e propria costrizione a subire violenza. Il comportamento verbale molesto può esplicitarsi in proposte sessuali non desiderate, in deliberate pressioni per costringere ad atti sessuali, inviti insistenti per incontri al di fuori del posto di lavoro, apprezzamenti personali o osceni, frasi a doppio senso, allusioni o osservazioni grevi, commenti deliberati sulla vita sessuale: cioè tutti quei comportamenti con cui, attraverso parole e frasi, si mostra di considerare l’altra persona, anzichè come collega di lavoro, come oggetto di mire sessuali o di mortificanti rimesse in discussione del suo ruolo nel posto di lavoro. Il comportamento non verbale molesto può consistere nel mostrare foto o figure, oggetti o scritti pornografici o di contenuto o significato sessuale; nel dare occhiate o nell’assumere espressioni lascive, nell’emettere fischi o nel compiere gesti di significato sessuale. L’insieme di questi fatti, atti, azioni, comportamenti produce nell’ambiente di lavoro un clima difficile e se chi molesta è un superiore o un datore di lavoro la gravità dell’azione e delle ricadute è ovviamente maggiore. La qualità della vita della persona molestata peggiora e si avvertono le ripercussioni anche nella sfera privata. Il corpo reagisce allo stato di stress con ripercussioni sulla salute: si possono manifestare depressione, insonnia, emicranie, disturbi gastrici. Ma nè il Codice penale nè quello civile prevedono specificatamente il reato di molestia sessuale. Quando si sono manifestati gli effetti o le conseguenza dannose delle molestie, in assenza di misure di prevenzione sul posto di lavoro, si è fatto ricorso a norme già esistenti nel codice penale (atti violenti di libidine, atti osceni, atti contrari alla pubblica decenza, violenza privata). Per il rapporto di lavoro nel pubblico impiego si è fatto ricorso ancche nell’abuso di atti d’ufficio e alla concussione. Per quanto riguarda il Codice Civile, l’art 2087 richiama al dovere dell’imprenditore di fare il necesario per tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori e delle prestatrici di lavoro. Ciò significa che se la responsabilità penale ricade sul singolo che molesta, anche il datore di lavoro che non interviene è responsabile dal punto di vista civile.
A chi rivolgersi
– Consigliera di Parità della Provincia di Lucca
– Comitati Pari Opportunità Aziendali o di Ente (ove costituiti)
– Sindacato di categoria